Quell'immagine di un'altra guerra, che fa riflettere sulle guerre di oggi
C'è un'immagine che mi torna sempre in mente in ogni guerra. Perché la prima fase della guerra è sempre quella dell'unità nazionale, in cui si dicono cose che poi quando ci ripensi dopo anni dici: "ma davvero ho detto quelle cose lì?".
Così tra un po' di anni qualcuno dirà: Ma davvero volevo mandare le armi italiane in Ucraina? Ma davvero volevo mettere le sanzioni alla Russia? Ma davvero volevo che la Germania aumentasse le spese militari fino al 2% del Pil per aiutare l'Ucraina?
Per ogni oligarca che piange la chiusura di uno dei suoi conti correnti (scriveva Dario Fo per Jannacci di un re che piangeva "per un castello di 32 che lui ce ne ha"), ci sono milioni di persone che si trovano con i propri risparmi dimezzati. O che vengono licenziati da aziende che non possono più esportare. E quindi la solidarietà deve andare anche a loro!
Per chi comanda è più facile, solitamente: quando non domani ma dopodomani i profughi busseranno alle porte dell'Ungheria o della Polonia, non le troveranno aperte come in questi giorni (come dimostrato dai profughi afgani che in agosto sarebbero stati accolti a milionate, e a settembre respinti a bastonate). Le porte saranno chiuse e ai governanti parrà normale, forse ci sarà qualche giornalista che gli ricorderà cosa avevano detto due anni prima, ma il governante sarà sicuro che la pancia del popolo chiederà nuove frontiere chiuse e non si farà problemi, non ci si giocherà le elezioni.
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